Oggi vi vogliamo parlare del baccalà

Oggi vi vogliamo parlare del baccalà, un alimento che è entrato dalla porta principale nel novero delle ricette più gustose ed utilizzate nella nostra dieta base, quella mediterranea! Il Baccalà, ossia il merluzzo pescato e subito messo all’aria e poi sotto sale, secondo la tecnica di conservazione proveniente dai tempi dei Vichinghi, i navigatori del nord della fredda Norvegia, che è giunta fino a noi senza cambiamenti sostanziali nella procedura e nel metodo di conservazione.

I Vichinghi! Dalle loro parti, al largo delle isole Lofoten, di merluzzi ce n’erano a bizzeffe: loro li pescavano e li facevano essiccare all’aria aperta. Ne veniva fuori un alimento perfetto per le loro esigenze: era nato lo stoccafissoNutriente, leggero -poca acqua e poco peso– e di lunga conservazione perché disidratato. Per i loro interminabili viaggi per mare tra la Groenlandia e l’America, non c’era di meglio per riempire la cambusa della loro nave! Un giorno i Vichinghi persero il monopolio della pesca del merluzzo. Tutta colpa delle.. balene! Dovete sapere che le popolazioni basche del Golfo di Guascogna, tra la Spagna settentrionale e la Francia, davano la caccia ai giganteschi cetacei! Le balene, cercando una via di fuga, si spostarono più a nord e si portarono nell’Atlantico settentrionale, fin nel mezzo dei Grand Banks! Giganteschi banchi di merluzzo! Così fitti che per catturarli, ai baschi che vi erano arrivati quasi casualmente, bastò affondarci dentro le mani. Una vera miniera di pesce in mezzo al mare! Una volta scoperti questi giacimenti di merluzzo, i baschi monopolizzarono tutta l’area marina. Per conservare il pescato, invece di esporlo all’aria (che in Spagna è meno fredda che in Norvegia!) secondo l’uso vichingo, lo misero sotto sale: la loro antica tecnica che avevano adottato per la conservazione della carne di balena.

Che cosa stiamo mettendo nel piatto?

Il baccalà è un alimento costituito da due specie di merluzzo nordico Gadus Macrocephalus e Gadus Morhua, salato e stagionato. Il Gadus Macrocephalus è un pesce presente nell’Oceano Pacifico settentrionale, mentre il Morhua nell’Oceano Atlantico settentrionale. La salatura ne consente la conservazione per lungo tempo e, come abbiamo visto – viene impiegata dal 900 d.C per consentire il trasporto e il consumo di questo prezioso prodotto ittico. Dunque, la procedura di salatura del baccalà è da attribuire ai pescatori baschi i quali, seguendo i banchi di balene e arrivati al mare del nord, si imbatterono invece in enormi banchi di merluzzo verso l’isola di Terranova e usarono per questo pesce il procedimento di conservazione già da essi usato per la carne di balena. Ai nostri giorni, cinque sono i paesi nelle cui acque si concentra la produzione del baccalà: Danimarca, Isole Faroe, Norvegia, Islanda e Canada. La maggior parte del merluzzo pescato nel mondo proviene dai Grandi Banchi di Terranovan(Grand Banks), una zona di bassi fondali situata nell’Atlantico settentrionale, e dalle coste del Labrador.

Non sarà troppo salato?

Tanto il baccalà quanto lo stoccafisso prima di poter essere cucinati, hanno bisogno di una lunga immersione in acqua fredda che provvede ad eliminare il sale e a restituire ai tessuti l’originale consistenza.

Quant’è bello il baccalà da Trieste in giù!

Parafrasando la Raffaella nazionaleIl baccalà è infatti un elemento essenziale di molte ricette tradizionali delle regioni italiane, nelle quali il suo utilizzo si alterna a quello dello stoccafisso, il merluzzo conservato mediante il metodo di essiccazione utilizzato dai Vichinghi. Vediamole!

In Lombardia e Piemonte viene cucinato in pastella.

Anche in Liguria viene pastellato, oppure viene condito in salsa verde, o in agrodolce. O mantecato, secondo il metodo detto Bradacujun, tipico del ponente ligure.

In Basilicata, in particolare ad Avigliano, il cosiddetto baccala alla lucana viene preparato, come da tradizione, con i peperoni rossi dolci essiccati e scottati, detti cruschi.

In Calabria è molto in voga il baccalà alla cosentina e a Cosenza e in larga parte della sua provincia, viene preparato come da tradizione con patate, olive nere, peperoni, salsa di pomodoro, alloro, prezzemolo, sale e pepe. Il baccalà è anche un piatto forte della tradizione veneta: viene cucinato mantecato, alla vicentina e in rosso.

In tutta la Sicilia viene preparato il baccalà alla siciliana (con pomodori, patate, olive nere, pinoli e uvetta).

A Roma, il filetto di baccalà pastellato e fritto è uno dei pezzi forti del tradizionale fritto misto alla romana e viene servito assieme al fiore di zucca, al supplì, al carciofo alla giudia. Esprime tutta la sua fragranza se consumato bollente – e in piedi, secondo i dettami del più glamour fra gli street food nostrani.

In Toscana è famoso il baccalà alla livornese che viene infarinato e fritto e in seguito ripassato in salsa di pomodoro.

Nel Triveneto e nelle altre aree un tempo appartenenti all’antica Repubblica di Venezia, il termine “baccalà” (es. baccalà alla vicentinao bacalà, ancor oggi identifica comunemente lo stoccafisso (merluzzo essiccato) e non il merluzzo salato. Noi italiani siamo i secondi consumatori mondiali di questo prodotto, dopo il Portogallo.

Non tutto, ma di tutto, sul Baccalà!

Baccalà deriva dalla parola basso tedesca bakkel-jau, cioè “pesce salato” che è una trasposizione di bakel-jau che significa “duro come una corda”. Questa espressione è utilizzata in molte lingue neolatine (lo spagnolo bacalao o baccallao e il portoghese bacalhao), mentre dalla parola tedesca kabel-jau derivano quasi tutti i termini nelle lingue germaniche.

In italiano, l’espressione “essere un baccalà, indica una persona magra, sparuta, allampanata (come il baccalà secco), ma anche stupida e malaccorta.
Sulla stessa scia, con “fare la figura del baccalà” intendiamo il fare la figura dello stupido, mentre restare come un baccalà” vuol dire rimanere immobile e non saper reagire ad una certa situazione. L’immagine del baccalà “secco e rigido”, è perfetta per illustrare in modo visivo questa espressione.

In po’ di storia non guasta mai, ed anzi ci predispone a degustare questo prodotto in modo più consapevole e appassionato. E adesso, bando gli indugi e, come avrebbero detto baschi e vichinghi se fossero stati alla nostra tavola“Che il banchetto abbia inizio, buon appetito